domenica 16 agosto 2020

Noah Lyles a Montecarlo come Tommy Smith e John Carlos

Noah Lyles
 non è un atleta come tanti, non è nemmeno una stella cadente del panorama dell'Atletica Leggera mondiale.

La sua specialità è complicata, non dal punto di vista tecnico, ma per quello psicologico. Affrontare i 200 nell'era post Bolt è di una difficoltà inaudita, il confronto con quello che è stato il più grande velocista di tutti i tempi è nei fatti, tutti hanno ancora negli occhi e nella memoria le imprese del giamaicano.

E allora? Allora non gli resta che correre forte, fortissimo e non guardarsi alle spalle, ma solo di fronte a se, fino al traguardo nel minor tempo possibile. Lyles è il campione mondiale della specialità tanto cara a noi italiani, i 200 metri di quel Pietro Mennea che ha regalato all'Italia titoli, record e notorietà al movimento. Lo scorso anno a Doha ha messo al collo la medaglia d'oro, a Losanna invece la sua "fucilata" perfetta: 19"50. 4° atleta di sempre dopo Bolt (19"19 Record del mondo), Yohan Blake (19"26) e Michael Johnson (19"32).

Lyles è anche afroamericano e non poteva rimanere insensibile a quanto sta accadendo nella sua terra, gli Stati Uniti e nel mondo con il movimento Black Lives Matter soprattutto dopo la morte di George Floyd. Venerdì era anche lui alla Diamond League di Montecarlo e la sua gara con la vittoria finale (unico a scendere sotto i 20" in 19"76, primato mondiale stagionale) è stata preceduta da un gesto simbolico potente.

Non si è inginocchiato come succede da qualche tempo nei vari campi sportivi, in cui atleti e atlete dimostrano solidarietà inginocchiandosi tenendo il capo chino, ma come Tommy Smith (anche lui vincente nei 200) e John Carlos nel 1968 si è messo un guanto nero, il braccio in alto e la testa bassa.

Un gesto iconico, potente, quasi inebriante per tutte quelle generazioni che hanno ammirato il coraggio dei suoi due connazionali che hanno pagato caro quel podio a Città del Messico, esponendosi per la causa dei diritti dei neri come nessuno, nell'era moderna, aveva fatto nello sport. 52 anni dopo non ha la stessa forza e rilevanza, ma la testimonianza di Lyles è comunque importante e così l'ha commentato:

"Come atleti è difficile dimostrare che amate il vostro paese e dire anche che serve un cambiamento. Questo è il mio modo di dire che questo paese è grandioso, ma può andare meglio". Tra gli hashtag ovviamente anche Black Lives Matter.


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