sabato 25 aprile 2020

La pista dal nome "divisivo". A Gianglioffo il Campo della Libertà!

Una storia che  arriva dal passato e che ha un suono familiare nel presente per espressioni e atteggiamenti. Tutto torna e nulla si dimentica o al contrario si mostra di non ricordare come se le esperienza vissute non fossero costituenti il fagotto figurato del trascorso.


Siamo in Piemonte, in un paese dal nome buffo: Gianglioffo. 5000 abitanti ai piedi delle montagne, ma la morfologia del paese è in una piana dove un Sindaco lungimirante volle costruire una pista di Atletica; per l'occasione non volle una intitolazione classica, nessun atleta del passato, nessun benefattore che pure ce n'erano stati in paese e nemmeno una autocelebrazione; ma un nome dal peso specifico calibrato su un valore che di quei tempi era un bene prezioso: Libertà.

Il Sindaco di Gianglioffo voleva sfruttare, termine forse poco opportuno ma efficace, quella parola affinchè diventasse, si direbbe ora virale, di uso comune come se al solo nominarla ognuno potesse sentirsi realmente nella condizione di essere libero. Aveva immaginato un ragazzo che uscendo di casa rispondendo alla madre che chiedeva dove stesse andando potesse rispondere:" Vado alla campo della Libertà". Il pensiero aveva emozionato il primo cittadino ed immaginava già il titolo ad effetto sul giornale locale e chissà che qualche testata nazionale non fosse stata stuzzicata dall'idea e non avesse trovato spazio per quel piccolo Comune in pianura di 5000 anime.

Non sempre però tutto scorre liscio. Anche i propositi nati con i migliori intenti non trovano facile consenso "bipartisan". Da un lato il plauso per una idea originale, una pista di Atletica dove svolgere attività sportiva dal nome evocativo, la Libertà è proprio il senso di un gesto atletico, una forma fisica di spiegazione estrinseca di un concetto ampio dove ognuno lo spiega con parole e pensieri diversi, proprio come la realizzazione di un lancio, un salto, una corsa.

Il principio tanto semplice e privo di preconcetti trovò ben presto oppositori ostinati. "Il Sindaco ci deve spiegare il concetto di Libertà, la sua o la nostra"? "E dove si spinge la Libertà del Sindaco? Verso il suo sentire o verso quello anche di chi non l'ha votato"? "La Libertà del Sindaco è quella di far correre i suoi figli? Li vediamo che corrono nelle campagne del paese, la solita demagogia? Ci parla di Libertà per un interesse personale"?

Giorni complicati. Il giornale locale aveva cavalcato più le voci contrarie che quelle a favore, faceva notizia chi alzava la voce, chi gridava più forte e così il Campo della Libertà era diventato un argomento divisivo.

Prima di allora in paese nessuno aveva mai usato quella parola: Divisivo. Era curioso, da quando era comparso sul giornale locale si sentiva ovunque. "La Libertà è divisiva" si sentiva ai tavoli del bar davanti ad un rosso robusto come a quello della briscola, ma anche al circolo della "Gianglioffo bene" eppure un piccolo gruppo resisteva e sosteneva il progetto perchè in quella parola ci credeva e avrebbe difeso sia il principio che l'idea perchè alla base c'era la volontà di regalare un nome e un valore alla comunità che fosse di tutti scevro dalle ideologie perchè la Libertà se è vero che è una parola dal significato complesso con una sfera soggettiva dell'individuo, è certamente un valore unificante una volta acquisito e fatto proprio.

Le montagne vicine non permettevano di mostrare l'orizzonte e il cielo era carico di quella pioggia che sarebbe caduta su Gianglioffo e suoi sui abitanti. Uno scontro duro, sgambetti più o meno scorretti; la sfida prima semantica si era spostata sulle calzature. Gli atleti della pista non volevano quelli che abitualmente correvano su strada, i podisti non volevo quelli che correvano in montagna e questi ultimi non volevano gli appassionati del trail.

Il Primo Cittadino era allo stremo. I suoi sostenitori stavano per esaurire le energie ma il fine era troppo importante per rinunciare e la lotta dialettica dove stemperare per trovare la via d'uscita e far comprendere agli schieramenti che di divisivo c'era solo l'atteggiamento quello per cui si deve sempre esser contro quello per cui anche un'idea regalata alla gente deve essere combattuta per partito preso. No, non poteva e non doveva passare il messaggio che la Libertà era un concetto divisivo ma trasversale ognuno con i propri confini.

Il giorno dell'inaugurazione del campo sportivo era arrivato, l'intitolazione era stata rimandata, i cittadini avevano perso le speranze di una pax e un po' tutti attendevano che il Sindaco, proprio nel giorno in cui la struttura diveniva uno spazio aperto (libero) e accessibile a tutti indicasse il nome di un Gianglioffese illustre per chiudere la querelle.

Il programma prevedeva un discorso iniziale dei gestori del campo, quello delle autorità provinciali di PS, alcune gare esibizioni, una sfida sul doppio giro di pista di alcuni esponenti politici locali e il discorso finale del Sindaco.

Tutto secondo programma fino agli 800 di chi fino a quel giorno aveva lottato anche in modo scorretto per aver la meglio sull'avversario politico. La chiamata dei singoli, nome cognome e corsia con rigorosa estrazione a sorte di quest'ultima. 4 paia di scarpe da assegnare anche se gli sfidanti erano 5. Chi sarebbe rimasto senza?

La curiosità? 4 scarpe diverse. Pista, 2 modelli da strada uno per l'asfalto uno per l'off road e uno per la montagna, assegnate rigorosamente a estrazione. Arriva il momento del Sindaco che si presenta scalzo! Sogghigni che si mischiano a sberleffi nemmeno troppo celati, ma nessuno si scompone e nessuno ha idea di cosa sarebbe successo da lì a poco.

I fisici dei 5 non sono propriamente sportivi. Torniti da lavori manuali ma non certo prestanti e adatti per l'Atletica Leggera.

Pronti via e il Sindaco è in testa, scalzo sul tartan, gioca la carta della sorpresa; ma presto il fondo della pista produrrà delle lacerazioni ai piedi e poco a poco si dovrà sfilare mantenendo però la scia della testa della corsa. Il dolore si fa insopportabile ma resiste, deve resistere. Ironia della sorte al maggior oppositore del primo cittadino sono spettate le scarpe da pista quelle più performanti e all'uscita dalla curva che porta ai 100 metri finali capisce il senso di quella prova.

L'uguaglianza sulla linea di partenza è solo ideale, non c'è una reale parità, non esiste la "Libertà" perfetta e il Sindaco partendo sfavorito in questa gara, già vinto per non indossare delle calzature idonee ha voluto rimettere agli altri il coraggio di sfidarsi e decidere cosa fosse giusto. Tre si involano verso il traguardo non curanti della metafora in cui sono immersi; non comprendono il significato, ma loro sono comprimari, esponenti minori nella sfida divisiva sulla questione Libertà.

Il Sindaco stringe i denti corre quasi sul posto, alle sue spalle gocce di sangue dai suoi piedi; la testa bassa per non mostrare la fatica e il dolore; all'improvviso sente un braccio che lo sorregge, è il suo "acerrimo nemico" che l'ha atteso, non poteva vincere facile, sarebbe stato un trionfo per i suoi, per la sua parte politica, ma il significato di rispetto, di etica, qualcosa che andava oltre ogni scontro politico e partitico.

Il pubblico, il paese aveva risposto come non mai visto il significato "divisivo" di quel momento, non esultò per la volata finale e i tre ci rimasero male ancora non capendo di essere fuori luogo con il loro agonismo immotivato. Il silenzio prese posto del tifo, un afflato di vento primaverile risvegliò le genti che si alzarono in piedi e applaudirono i due che goffamente raggiungevano il traguardo. 50 - 40 - 30 metri. Dal tenersi a braccetto si presero per mano come avevano visto in tv in altre occasione fra atleti che avevano condiviso la stessa fatica. 20 - 10 ... sul traguardo si fermarono e all'unisono con lo stesso piede varcarono la fine delle ostilità.

Da lì a poco Gianglioffo ebbe il suo Campo della Libertà.

Buon 25 aprile a tutti.




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