lunedì 16 marzo 2020

L'indelebile 16 marzo 1978. Il rapimento di Aldo Moro

Il 16 marzo non è un giorno come gli altri; il 16 marzo 1978 è un giorno che andrebbe conosciuto e riconosciuto senza bisogno di consultare google, un po' come il 12 ottobre 1492 o il 20 luglio 1969.


Il 16 marzo 1978 è il giorno del rapimento di Aldo Moro e La Repubblica dedica due pagine per ricordare l'agguato di via Fani dove quel giorno venne rapito e sequestrato il Presidente della DC e trovarono la morte gli agenti della scorta: : Domenico RicciOreste LeonardiRaffaele IozzinoGiulio RiveraFrancesco Zizzi.

Luigi Manconi scrive che quel fatto fu uno spartiacque tra il prima e il dopo il suo rapimento; nulla fu uguale, nemmeno nel peso delle forze politiche. L'occasione è anche per presentare il reading di Fabrizio Gifuni dedicato proprio a Moro. Il pezzo del giornalista è articolato con qualche citazione e metafora shakespeariana. Oggi però, per non dimenticare e far sì che la memoria non sfumi su fatti di 40 anni fa, è il tempo di ricordare gli uomini che persero la vita in quell'agguato il quel 16 marzo.

In questi giorni difficili per noi italiani e per il mondo intero il Presidente Sassoli ha condiviso le parole di Moro che sembrano scritte oggi e non negli anni 70:" Se fosse possibile dire: saltiamo questo tempo e andiamo direttamente al domani, credo che tutti accetteremmo di farlo, ma, cari amici, non è possibile; oggi dobbiamo vivere, oggi è la nostra responsabilità. Si tratta di essere coraggiosi e fiduciosi al tempo stesso, si tratta di vivere il tempo che ci è stato dato con tutte le sue difficoltà".



Una canzone dal grande impatto emotivo è "Mario"

Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti, nel 1994 era ancora "Uno che sparirà presto", ma che iniziava a dar segnali diversi dalle canzonette da ballata, dal ritmo spensierato e mostrava il suo Io maturato poi nel corso degli anni. Una canzone, per me significativa per talmente tanti motivi che oggi, l'ho riascoltata con la genuinità del bambino che va ad un funerale di sconosciuti con il suo papà Mario, quel papà che gli mette una mano sulla testa in un modo speciale per fargli capire l'intensità del momento:





Mi ricordo da bambino che mio padre era spesso arrabbiato con me e non sapevo perché ritornavo dalla scuola verso l'una e quaranta e la fame era tanta con mia madre che diceva che c'è? Lorenzo dimmi che c'è? come è andata come mai non mi dici mai niente? ma che razza di gente questi figli che ho certe volte non so cosa ho fatto per vedervi dire sempre di no non lo so, non lo so ma ti droghi? fai veder le braccia ma che razza di faccia non mi piace per niente quella razza di gente con la quale ti vedi ma che cosa ti credi che tuo padre ed io non ti vogliamo bene? sempre le stesse scene ogni giorno ogni sera quella stessa atmosfera. mentre mio padre mi vedeva crescere lui mi sembrava non potesse invecchiare mentre crescevo tre centimetri l'anno lui era sempre uguale Mi ricordo a dodici anni un pomeriggio di sole mi portò a un funerale ma era uno speciale che non c'era neanche un morto parente neanche un conoscente solo un sacco di gente seria molto composta una specie di festa al contrario e mio padre Mario mi diceva quando avrai un po' più anni potrai dire io c'ero ai funerali degli agenti della scorta di Moro questa sera quasi ventisette anni sto leggendo il giornale e di quel funerale mi risale l'immagine in mente e ho chiarissimo in testa quel concetto di festa al contrario e di mio padre Mario che per come era sempre severo mi appariva sincero nel dolore del restare impotente insieme a molta altra gente che sostava di fronte al potere di pochi sulla vita di molti e a quei volti sconvolti delle madri delle mogli dei parenti e dei figli degli agenti della scorta di Moro e mio padre Mario era così serio E mi teneva sulla testa una mano quel pomeriggio è lontano quasi venti anni fa i negozi che chiudevano in tutta la città ogni cosa era strana nella mia fantasia non capivo perché in giro c'era tutta quella polizia le sirene spiegate le serrande abbassate sono più grande ma le cose non sono cambiate La mia mano è più grande e mio padre più anziano la mia mamma si preoccupa perché sono lontano. Questa storia che ho detto con la rima baciata non so forse neanche io perché ve l'ho raccontata forse il centro di tutto è quella mano che mio padre mi appoggiò sulla testa questo è quanto mi resta un ricordo profondo grande come il mondo questo gesto che mio padre ebbe il cuore di fare questo gesto d'amore mille volte più potente di un pugno in questa notte di giugno in cui scrivo mi fa essere vivo pronto ad essere padre a mia volta e a spiegare a mio figlio bambino come ogni destino si unisce si confonde e si intreccia in comune con le altre persone gli dirò che ogni schiaffo e ogni pugno che è dato ogni piccolo diritto che nel mondo è violato è una ferita per tutti gli esseri della terra e finché non c'è giustizia ci sarà sempre guerra





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