Di copertina un'icona della longevità agonistica e solo come esempio e lo è per tanti, della capacità di migliore e progredire anche con il trascorrere del tempo: Marco Olmo!
A voi:
Qual è il motivo per il quale non è più frequente vedere atleti professionisti competitivi a buon livello dopo i 40 anni nella maggior parte degli sport? C’è una ragione fisiologica, o una serie di piccoli mutamenti, anche non necessariamente fisici, ma legati alla vita familiare e personale, che spiega questo fenomeno?
Ecco una breve rassegna di ciò che accade al corpo umano nel corso degli anni e rende più difficile la realizzazione di prestazioni competitive. Incredibilmente, però, ci sono anche alcuni elementi fisiologici che contribuisco all’atleticità del fisico che rimangono immutati negli anni.
L’”età ideale”: Nella maggior parte degli sport c’è un’età ideale nella quale coincidono al meglio le abilità tecniche, fisiche e strategiche. Per la maggior parte degli sport questo avviene fra i venti e i trenta anni. Ci sono certo numerosi casi di olimpionici che hanno partecipato a competizioni e vinto medaglie sopra i 50 anni, ma per lo più provenivano da sport che richiedono molta abilità e meno potenza aerobica ed anaerobica, come vela, equitazione, tiro a volo.
Nel caso degli sport di resistenza il limite massimo per la competizione ai massimi livelli sembra essere attorno ai 40 anni. Chris Horner ha vinto l’edizione 2013 della Vuelta in Spagna poco prima di compiere 42 anni, diventando così il più anziano vincitore di un Grand Tour di ciclismo. Dana Torres nel 2008 a Pechino all’età di 41 anni ha mancato di pochi centesimi di secondo la medaglia d’oro nei 50m a stile libero. Queste però sono eccezioni, non la regola.
Con l’età cambia il modo in cui il nostro corpo utilizza l’ossigeno: La VO2 max (ovvero la quantità di ossigeno che il corpo è in grado di utilizzare per kg di peso corporeo, espressa in ml/kg/min) è un indicatore della performance dell’individuo in attività di resistenza. I fattori che modificano la VO2max sono 1) la capacità di trasporto di ossigeno nei polmoni, 2) la capacità di trasporto di ossigeno nel sangue, 3) la capacità di utilizzo di ossigeno da parte dei muscoli. Nella popolazione comune, non sportiva, la VO2max tende a ridursi del 10% ogni 10 anni a partire dai 30 anni. Gli atleti che continuano a prendere parte a competizioni ed allenarsi posso ridurre questo calo ad un 5% per decade.
La ragione del decadimento è che invecchiando si riduce la frequenza cardiaca massima e pertanto la gittata cardiaca e la capacità di trasporto dell’ossigeno.
Tuttavia, nonostante l’apporto di sangue e ossigeno ai muscoli declini, la capacità dei muscoli stessi di utilizzare efficientemente l’ossigeno in rapporto al carico di lavoro che devono sostenere si mantiene anche fino ai 60-70 anni, a dispetto del concomitante calo nella massa muscolare.
La struttura muscolare: Nel caso degli sport di forza, ad esempio il sollevamento pesi, la limitazione della performance dovuta all’età è legata soprattutto alle modificazioni cellulari a livello del muscolo scheletrico. In particolare le fibre muscolari di tipo IIa, o glicolitiche ossidative rapide, si riducono significativamente in numero e funzione con l’età. Dal momento che gli sport di forza fanno ricorso proprio alle fibre muscolari di questo tipo, il declino della performance con l’invecchiamento è molto più netto ed evidente a partire dai 40 anni di età rispetto a quanto avviene negli sport di endurance, in cui il tipo di fibra muscolare più largamente impiegato è quello di tipo I, meno soggetto a tali meccanismi di degradazione.
Il tempo di recupero si prolunga con l’età: Questo ha conseguenze sull’intensità e sul volume di allenamento degli atleti. Inoltre, in sport di contatto come rugby e football americano, il tempo di guarigione da traumi e infortuni diventa un fattore limitante per la continuazione delle attività a livello agonistico. Ovviamente, infortuni e riabilitazione sono temi importanti anche per atleti che praticano sport non di contatto ed influiscono anche in questo caso sul carico di lavoro sostenibile e sull’effettiva preparazione e performance.
Il futuro: l’aspettativa è che un miglioramento dei metodi di allenamento e recupero possa consentire agli atleti di essere competitivi ad alti livelli anche dopo i 40 anni. Il concetto dominante è quello di un allenamento “più intelligente, non più intenso” che riduca i rischi di infortunio e massimizzi i benefici dell’allenamneto, al contempo minimizzando gli effetti dell’invecchiamento. In sostanza, un atleta più anziano ha bisogno di un tempo più lungo per adattarsi allo stimolo allenante e questo deve essere preso in considerazione nella pianificazione delle attività.
Alcuni metodi che possono essere efficacemente applicati sono l’” high-intensity interval training”, che consente di concentrarsi più sulla qualità dell’allenamento che sul volume, ed è risultato efficace in atleti di età avanzata per migliorare la capacità aerobica. Un altro importante espediente è il cross-training che può aiutare a ridurre il rischio di lesioni da sovraccarico in atleti di endurance. Infine, è importante sottolinare ad ogni età, ma in modo particolare per gli atleti più anziani, le strategie di recupero attivo e l’importanza del sonno e del riposo.
Infine è bene ricordare che la performance non è dovuta solo ai cambiamenti fisici: con l’età può ridursi la motivazione intrinseca all’allenamento. Anche per atleti professionisti, lo stimolo motivante può mutare dallo stabilire record personali al mantenere il proprio fisico sano ed attivo. E questo è una motivazione eccezionale per sportivi di ogni età.
Fonte: https://theconversation.com/how-does-aging-affect-athletic-performance-36051
Fonte foto: profilo FB Marco Olmo
Bibliografia:
http://impowerage.com/not-too-late/active/50-olympic-medalists-infograph
http://rdcu.be/FZsj/
http://www.tandfonline.com/doi/abs/10.1080/0361073X.2010.507433 https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/7481278 http://connection.ebscohost.com/c/articles/3193799/older-vs-younger-adult-male-marathon-runners-participative-motives-training-habits
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