L'alpinista era stato travolto venerdì da una valanga di pietre e sassi mentre scalava una difficile parete del Cerro Torre insieme all'amico argentino Tomas Aguilo. Entrambi sono stati feriti dall'urto con i detriti, Pesce è quello che ha riportato i danni maggiori, oltre a delle ferite molto profonde, probabilmente ha riportato anche delle fratture che lo hanno ridotto all'immobilità.
L'amico ha cercato di metterlo al riparo in un piccolo rifugio sulla parete della montagna, mentre cercava aiuti scendendo più a valle. Durante la valanga i due avevano anche perso tutta la loro attrezzatura.
Aguilo è stato salvato, mentre per Pesce le operazioni di soccorso si sono dovute interrompere a causa delle condizioni avverse del meteo.
Ieri, purtroppo, il medico argentino Carolina Codo, responsabile del Centro dei soccorsi alpini di El Chalten, ha dichiarato all'Ansa che grazie a delle immagini di un drone hanno potuto vedere il corpo di Pesce scivolato 50 metri sotto la piattaforma dove aveva passato la notte con il compagno argentino. A quell'altezza e senza protezione adeguata la morte per ipotermia arriva dopo massimo due ore.
Terminano quindi le speranze di recuperare l'alpinista vivo. I conti con la triste realtà erano già stati fatti dalla famiglia. La sorella Lidia ieri sui suoi canali social ha scritto : "Non riesco a crederci. Hai portato via una parte di tutti noi . Tua Figlia, i tuoi nipoti: per loro eri e sei lo Spiderman sul ghiaccio. Sarà dura mandare giù tutto questo vuoto che hai creato"
Pesce, 41 anni, aveva già compiuto delle imprese sulle vette patagoniche, la ripetizione della via dei Ragni sul Cerro Torre, l'attraversata tra l'Aguja Standhardt e la Punta Herron.
Si era trasferito a Chamonix proprio per seguire la sua grande passione per la montagna.
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