martedì 30 novembre 2021

La Scala dei Turchi, l'ira di Pluvio e la bici/cancello tra sport e turismo

La mia esperienza agrigentina è arrivata a conclusione. Lavoro a parte, è stata l'occasione per scoprire una terra ricca di fascino e storia, cosa che non va disgiunta dal piacere di gustare i sapori del territorio. Fughiamo ogni dubbio. Non esiste una regione dove si mangi meglio, in ogni luogo da nord a sud, da est a ovest, l'esplosione dei sapori della tradizione sono il valore aggiunto della nostra straordinaria Italia
Chi, per campanilismo, non lo riconosce dimostra la sua scarsa propensione ad essere condotto in nuovi mondi oltre ad una morale precostituita, perdendo per strada uno dei grandi piaceri della vita. L'enogastronomia e le storie della sua tradizione.

In questi 15 giorni, grazie anche alle dirette FB, ho avuto modo di approfondire temi e aneddoti che senza i giusti stimoli e spunti non avrei conosciuto. Grazie dunque a Francesco e Salvatore, due "guide" a modo loro e grazie ai tanti che hanno seguito le dirette, dandomi l'enfasi per vivere e non solo vedere siti archeologici e naturalistici. In una frase sola ho fatto quel che più mi piace fare. Conoscere e raccontare indipendentemente dall'argomento.

La chiusa è per una escursione che ho immaginato per diversi giorni e che in zona Cesarini sono riuscito a realizzare, non considerando un coefficiente di difficoltà (quasi) imprevisto. Prima però un passo indietro.

Nella lista delle cose da "assolutamente" vedere c'era la Scala dei Turchi". Un promontorio cartolina di questo landa di terra a vocazione vacanziera a 15/17 km da Agrigento o almeno da dove ero alloggiato. Cosa fa uno sportivo considerando una distanza accessibile con una pratica allenante? Pensa a come arrivarci senza l'utilizzo dei mezzi a motore. A piedi, per le mie condizioni di allenamento, erano troppi. Archiviata la corsa è rimasta la bicicletta. Grazie ad un "Gigante buono" ecco che si è materializzata  una MTB (più un cancello, come si dice gergalmente, ma questa è un'altra storia) con un pedale non proprio in asse e con le gomme sgonfie, ma la decisione è presa. - Con il mio "cancello" vado a vedere e raccontare la Scala dei Turchi -. 


Google maps mi dice 47', Francesco, il mio "tutor turistico locale", insiste per il giro alternativo da 49 più sicuro (consiglio che seguirò solo all'andata). Il meteo? Spinge sull'acceleratore della prudenza, meglio, dice tra le righe di aspettare un paio di giorni. Cielo nuvoloso con una buona probabilità che possa piovere il verdetto last minute. Il pensiero poco grammaticale "Vabbeh, non sono idrosolubile" prevale sulle bizze del tempo. 

L'andata è senza intoppi anche se le cosce urlano nelle salite, peraltro poco impegnative, ma tra il mezzo poco performante e la scarsa confidenza con il gesto della bici, la fatica si fa sentire. Piccola sosta a Porto Empedocle, più per un saluto visionario al maestro Camilleri di cui ho potuto ammirare un murales enorme nella via dove ha abitato; una seconda sosta più lunga per godere di Marinella. La spiaggia del Commissario Montalbano o almeno il nome preso in prestito da questo angolo agrigentino. Il cielo si fa sempre più minaccioso e i colori del mare si mischiano indissolubilmente con il cielo. Forme e colori unici in cui perdersi ammirando un vero e proprio spettacolo della natura.



Manca poco alla meta. Inaspettatamente per raggiungere la scogliera devo percorrere un lungo tratto di spiaggia che, complice l'alta marea, mi porterà a immergere i piedi nell'acqua, ma il desiderio di vedere da vicino la Scala dei Turchi è tale che nulla può fermarmi. Svolto un angolo stretto ed eccola! Bianca, lavorata dal vento e dall'acqua, splendida in tutto il suo bianco candore. Pronto per la diretta FB scopro che manca il segnale! Poco male, un video da caricare su You Tube è la soluzione alternativa:

CLICCA AL CENTRO PER LA STORIA DE LA SCALA DEI TURCHI


Appena finito il video inizia a piovere ed, in un crescendo, Pluvio scatenerà la sua ira sulla terra. Pioggia battente, vento freddo sferzante saranno i miei compagni nel viaggio di ritorno. All'altezza di Porto Empedocle un automobilista mi supera e mi chiede se ho bisogno di aiuto. Dico di no, insiste per darmi dei sacchetti della spazzatura per ripararmi. Sorrido, lo ringrazio e lo saluto.

Continuo a sorridere da solo ed in preda ad una scarica di endorfine canto il Matto di Guccini.

Mi dicevano il matto perché prendevo la vita
Da giullare, da pazzo, con un'allegria infinita
D'altra parte è assai meglio, dentro questa tragedia
Ridersi addosso, non piangere e voltarla in commedia
Il sorriso ebete dura tutto il tempo del diluvio. Ringrazio mentalmente il Gigante buono per avermi prestato la bici e per avermi regalato questa avventura, lo ringrazio meno e soprattutto sorrido molto meno negli ultimi 2 - 3 km dove il piede del pedale "guasto" inizia a farmi male e mi sento tutto rotto. Il più classico dei classici "Chi me l'ha fatto fare" dura poco perchè l'arrivo al punto di partenza regala il piacere dell'avventura e il godimento di un racconto che, dall'essere solo di un particolare di un territorio, è diventato un pezzo tra lo sport e la piccola follia di giornata, quella che ci fa sentire vivi!

Arrivederci Girgenti e grazie ai quei 4-5 che sono arrivati fin qui! Ad maiora GenteBio.





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