lunedì 9 novembre 2020

Il 9 novembre 1989 il muro (di Berlino) crollò, nulla fu come prima e l'occasione mancata...

Incipit doveroso. Il post che segue è iniziato come un semplice post sui social network. Una frase, forse due per una condivisione su Instagram e Facebook. Nel digitare i tasti la voglia di raccontare qualcosa in più, una riflessione che mi dispiaceva fosse confinata al mondo irreale dei social. Quanti entreranno su Bio Correndo per una considerazione sulla caduta del muro di Berlino? Probabilmente pochi, quei 45 lettori del Manzoni di cui lui si scherniva, ma che oggettivamente saranno quelli che incidentalmente inciamperanno in questo scritto.



9 novembre 1989 e il muro crollo!

la gente scese in piazza all'unisono come richiamati da una sirena, da un segnale che sanciva la fine di un lungo, insulso incubo. Sì, ma come successe che tutti scesero per le strade? Ammetto che la storia la conobbi solo qualche anno fa ed anch'io sgranai gli occhi quando Gunther Schabowsky (politico tedesco, esponente del partito di Unità Socialista di Germania) in diretta tv, quella sera di 31 anni fa, alla domanda da quando le frontiere sarebbero state aperte rispose a sorpresa:" Da subito". Il giornalista Flavio Fusi fu il testimone di quel momento storico, irreale per la dinamica della comunicazione, incredibile per le ripercussioni nell'immediato.

La risposta così rapida e secca portò il popolo berlinese in piazza, le immagini dell'abbattimento del muro è storia. Mi immagino la gente davanti la tv che si fermò, forse i familiari, gli amici si guardarono per vedere le espressioni dei volti per capire se quello che avevano sentito era reale, se non era frutto della fantasia e di uno strano scherzo udito-elaborazione della mente. Era tutto vero. Libertà.

Di quelle ore ognuno ha un'immagine preferita, ogni anno se ne scopre una nuova e forse qualcuno, come chi scrive, pensa che avrebbe voluto essere lì per respirare l'aria intrisa di elettrizzante felicità di quella sera del 9 novembre 1989 a Berlino, indipendentemente da quale parte del muro ci si trovasse.

Avevo però 13 anni, le emozioni sono vaghe come i ricordi. Il senno e la coscienza arriveranno (per me) molti anni dopo. La comprensione che quel momento fu storico e la portata del cambiamento non fu immediata credo, nemmeno per chi in diretta gioiva e forse quale dinamiche avrebbe comportato lo avrebbe scoperto negli anni successivi. La riflessione attuale è sul mancato impulso alle generazioni che stavano crescendo che come un'onda positiva avrebbe potuto investire anche l'Italia. Le rivoluzioni purtroppo non pacifiche degli anni 60/70, avevano portato i cambiamenti degli anni 70 con lo statuto dei lavoratori, le battaglie referendarie sull'aborto e sul divorzio, il formarsi di una nuova società dove il lavoro, le condizione di salute e dei diritti delle persone ernoa il nuovo centro vitale del dialogo politico, anche di quello giovanile.  

In Italia siamo invece passati da lì a breve a diversi shock come il periodo stragista mafioso, il ridestarsi dopo la morte di Falcone e Borsellino in un tentativo di orgoglio nazionale, passando dal ribaltamento del quadro partitico con la scomparsa di PSI e DC travolti dalle indagini giudiziarie. E la mia generazione? Quale impegno, quale ruolo ha avuto? Si è persa tra l'essere Berlusconiano o antiBerlusconi invece che, come racconta Guccini, "costruir su macerie". Una grave e insopportabile assunzione di responsabilità per quelli che come me a 20 - 30 anni avrebbero dovuto mostrare la direzione invece che perdersi dietro a inutili sofismi. 

Sì quel giorno a Berlino avrei voluto esserci e sì la mia generazione si è persa guardando il dito invece che osservare la luna.



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