lunedì 21 settembre 2020

Il Signor Ernesto Colnago sul podio con Tadej Pogacar

Il Tour de France è alle spalle, il D day è il solito di ogni grande evento spalmato su più giorni o settimane come nel caso di un giro a tappe del ciclismo o nella Manifestazione per eccellenza, le Olimpiadi.

Com'è dunque? Si percepisce quel senso di vuoto, disarmo che colpisce chi per giorni e giorni, ha avuto un appuntamento fisso con le storie sportive, quelle dei luoghi, delle persone che hanno fatto la storia della Grande Boucle nell'oggi e nel passato, oltre ai piccoli aneddoti dei luoghi attraversati che regalano pillole di colore per nulla superflue alla carovana del Tour.

La chiusura con la cronoscalata che ha ribaltato le sorti per la maglia gialla ha dato un connotato diverso alla corsa, tutti i ragionamenti fatti fino a sabato mattina sono saltati. L'entusiasmo che ha ingenerato la rimonta di Tadej Pogacar è stato qualcosa di contagioso che si è propagato alla velocità della luce. Badate bene, la reazione non è stata per un' avversione a Primoz Roglic, ma per la dinamica della corsa. L'aver gettato il cuore oltre l'ostacolo, aver ribaltato un risultato che sembrava scontato, essere riuscito a rendere reale l'ossimoro bellezza-crudeltà dello sport, è stato il vero motivo dell'esultanza e dell'eccitazione agonistica che è emersa subito dopo la chiusura della tappa di sabato.

C'è un signore, anzi un Gran Signore che ha gioito forse più di tutti, lui è Ernesto Colnago. La foto (di copertina) con in mano il telaio della bici che ha usato Pogacar nella passerella di Parigi, ha fatto il giro del web, forse del mondo. Interessantissima l'intervista su Repubblica di questa mattina. Si legge l'emozione di un uomo di 88 anni che, senza esagerazioni, ha fatto la storia d'Italia della bici, un imprenditore ante litteram che ha saputo credere nel suo progetto, assecondando una passione facendone un lavoro, quello di un artigiano che esporta un' eccellenza con il suo know how che affonda le radici ai primi anni 50, 1954 per la precisione.

Sul gradino più alto del Tour de France c'è anche la sua azienda, sotto la sella di Pogacar c'è una V3Rs, una sigla, ma il marchio è uno, unico, forte come il "credo" del Signor Ernesto: COLNAGO appunto.

Le sue bici hanno vinto "decine di mondiali, classiche a valanga con la Mapei, Eddy (Merckz) e Saronni, mai il Tour de France". Proprio quel Saronni che credeva nella vittoria di Pogacar, un altro pezzettino di Italia con la maglia gialla 2020.

L'aneddoto è servito. Nel quartier generale di Cambiago avevano preparato una bici bianca per l'ultima tappa, quella che avrebbe dovuto incoronare Pogacar vincente nella classifica dei giovani, ma lo sloveno vedendola, pare che abbia detto:" Bella, ma il colore non mi piace". Cosa fa il patron? "Decide di verniciarne una di giallo, senza ovviamente spedirla. La scaramanzia non è di casa e quella bici gialla diventa improvvisamente una premonizione. Un attimo dopo la fine della tappa di sabato quel giallo diventa il colore della felicità, dell'emozione, della grande soddisfazione per un uomo che a 88 anni riesce ancora a trovare il modo di stupirsi, di emozionarsi e chissà, nel silenzio della commozione di piangere di gioia. 

Grazie Signor Colnago, i sogni si realizzano anche alla soglia dei 90 anni. 

PS: Non mi piacciono i post scrictum. 

PS1: Oggi compie gli anni Tadej Pogacar, 22 anni, il suo sogno si è già realizzato.







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