lunedì 6 luglio 2020

"Lo sport fa male". Lo sfogo di Davide Cassani e di Ivan Zaytsev

Si spendono come ci spendiamo noi nelle chiacchiere tra amici il campione della pallavolo Ivan Zaytsev e il CT della nazionale di ciclismo Davide Cassani.
La differenza è nel rumore che fanno le loro dichiarazioni rispetto al popolo dei praticanti agonisti dello sport. Il problema di fondo e sono quasi stucchevole nel ripeterlo, è la disparità di situazioni che si sono venute a creare dal 4 maggio, il giorno fantomatico dell'inizio della Fase2. A seguire le loro parole:


Ivan Zaytsev (da la Gazzetta dello Sport)

Mi fa male pensare che non si possa ancora giocare e che sia considerato uno sport di contatto. Vedere sulle spiagge le reti abbassate per giocare a beach tennis è ogni volta un colpo al cuore. Si possono fare aperitivi, riaprono i cinema e le discoteche, addirittura le saune, ma a beach volley all’aperto, non si può ancora giocare. Non riesco ancora a capacitarmi.


Davide Cassani (pagina FB)

Questo covid-19 mi ha fatto capire una cosa: lo sport fa male!
E pensare che, da sempre,  sono stato  convinto che lo sport fosse uno strumento essenziale per rendere migliori le nostre vite, un modo per crescere più sani ma soprattutto regalare a centinaia di migliaia di giovani,  tanti bei sogni. Evidentemente mi sbagliavo perché ho capito fin dall’inizio di questa pandemia, che lo sport fa male e per questo va fermato.
Come si propaga il contagio? Con l’assembramento, la vicinanza tra le persone. Qual è stato uno dei primi provvedimenti? Bloccare lo sport, anche quello individuale. Puoi andare a fare una corsetta da solo? NO. Puoi andare a pedalare sulle tue colline in assoluta solitudine? NO.
Subito, a marzo, mi sono detto: è giusto, metti che mi capiti qualcosa, che ne so, una caduta, meglio stare in casa perché in caso di incidente non è proprio il caso di aumentare il lavoro ad un pronto soccorso già in evidente difficoltà. Bisogna sempre pensare al bene comune, al minore dei mali. Siamo in stato di emergenza? Allora si sta in casa e si contribuisce al bene del prossimo facendo meno danno possibile. Giustissimo rinchiudersi tra le mura di casa e consigliare a tutti di fare la stessa cosa.
Ma ora mi chiedo: perché dobbiamo stare ancora fermi con le attività agonistiche? Perché i nostri giovani non possono gareggiare? Perché lo sport è considerato così pericoloso? Sia ben chiaro, parlo di sport organizzato.
Quanto mi piacerebbe fare quattro chiacchiere con il CTS (comitato tecnico scientifico) e capire il morivo  di questi continui NO alla riapertura dell’attività agonistica nello sport.
Ma vi rendete conto del danno che stiamo arrecando ai nostri giovani? Non li facciamo gareggiare, ma li lasciamo liberi di andare tranquillamente in spiaggia, di uscire liberamente tutta la notte, movida compresa, di festeggiare nelle piazze per qualsiasi motivo (anche la Coppa Italia di calcio), di riunirsi per bere mangiare e tutto il resto. Ma gareggiare no.
Stiamo gettando via una generazione di giovani sportivi, disperdendo il grande lavoro fatto in tutti questi anni con enormi sacrifici, per che cosa? Sapete come funziona lo sport in Italia? Conosco molto bene il ciclismo perché ci sono dentro da più di 40 anni. Gli sport organizzati non sono un pericolo o comunque sono facilmente controllabili. Un esempio banale: se ho un semplice raffreddore, non vado neanche a correre e se per caso mi vengono due linee di febbre faccio come mi diceva il mio direttore sportivo, sto in casa ed esco ad allenarmi solo quando mi sento meglio. Per dire che il controllo c’è già dalla base. Da quel che leggo e per i divieti che ci vengono imposti, sembra che lo sport sia tra gli ambienti più pericolosi quando invece, proprio per le regole che impone, è una delle attività meno rischiose e più gestibili.
Così siamo qua ad assistere ad un disastro annunciato perché di disastro, se non ripartiamo, stiamo parlando. Questa mattina ho letto sulla Gazzetta un dato preoccupante: ‘L’85 per cento dell’attività sportiva dilettantistica sarebbe a rischio se non riaprissero le palestre delle scuole al pomeriggio’.
Consideriamo anche un’altra questione: le nostre ragazze ed i nostri ragazzi non possono gareggiare, ma il sabato  e tutte le altre  sere possono  tranquillamente uscire a fare bisboccia. Ma io dico, è normale tutto questo? Continuando con questi divieti, almeno nel ciclismo, si potrebbero perdere dal 30 al 40 per cento dei nostri giovani. Non perderemmo solo futuri possibili campioni (sarebbe il danno meno grave), ma la salute di molti altri ragazzi (questa sì che sarebbe una catastrofe).
Sento parecchie persone che si lamentano della Federciclismo perché non sta facendo nulla per il proprio movimento. Posso dirvi che si sbagliano di grosso. Stiamo lavorando dalla mattina alla sera, ma certe decisioni non possiamo deliberarle noi. Abbiamo bisogno di decreti che ci diano la possibilità di poter correre rispettando tutte le norme del caso.
Ho cominciato con tono ironico, spero che fosse evidente. Ho finito in tono quasi drammatico  perché sono convinto che lo sport potrebbe aiutarci ad allentare il  morbo e non a favorirlo. E non servono troppi dati per dimostrarlo.




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2 commenti:

  1. ...nella società dello spettacolo dove "la banalità del male" è espressa alla max pot. non è facile che si affermino scelte cognitivamente alte nell'interesse generale. Michele Licheri.

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  2. Sono convinto anch'io che di ripresa delle attività sportive si debba ricominciare a parlare il prima possibile. Nel mio caso però, personalmente, ho deciso di non partecipare più a manifestazioni podistiche (che costituiscono la mia attività sportiva)finchè non sarà stato trovato un vaccino e sia stata effettuata una vaccinazione di massa. In una gara podistica in cui partecipino anche solo 2-3.000 persone ritengo sia impossibile impedire gli assembramenti, perciò, a malincuore ho preso questa decisione.

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