sabato 21 marzo 2020

Il giornalismo sportivo perde Gianni Mura; una penna narrante di altri tempi

Le giornate al tempo del Coronavirus sono scandite da tante letture; il quotidiano cartaceo che accarezza le mie dita da qualche tempo è La Repubblica.
Un occhio alla firma sull'articolo letto è quasi un gesto automatico, una sorta di "grazie, ti ho letto" aldilà che la fonte autorevole di partenza sia il giornale stesso.

Perchè? Perchè i giornalisti non sempre hanno una ribalta mediatica e quella firma in calce ad un articolo, a volte in forma abbreviata, è il solo modo per conoscere chi intrattiene le nostre letture. La considerazione è ovviamente sia nel bene che nel male, la negatività è quando la tesi o l'analisi proposta non è in linea con il nostro pensiero.

Chi invece aveva un volto pubblico e non solo la statura nella firma è Gianni Mura. Mi accorgo ora mentre scrivo che per lui vale, anzi valeva , il concetto opposto tale era conosciuto ed apprezzato il suo lavoro. Il nome e cognome prima dell'immagine e se correlato alla sua opera è la meta di ogni giornalista-scrittore. Gianni Mura, il giornalista sportivo; il narratore di calcio e ciclismo, ma non solo.

Ritorniamo a La Repubblica, Gianni Mura era una firma del giornale del Direttore Carlo Verdelli dal 1976, anno in cui nacque Bio Correndo e Mura già intratteneva l'Italia sportiva con la sua voglia di scrivere e narrare le vicende epiche dello sport che non aveva di certo la visibilità mediatica di oggi. Un compito il suo, come quelli della sua generazione, di alto valore sociale. Far sentire presente il pubblico tramite le parole quando le immagini non avevano la forza attuale.

Tra i mille lavori utili e  necessari alla collettività l'opera del giornalista ha un compito speciale; raccontare l'attualità con il bagaglio culturale del passato; attitudine che Mura ha regalato a tutti noi e di questo, nel commiato dobbiamo dirgli Grazie.

Oggi 21 marzo all'età di 74 anni è morto all’ospedale di Senigallia a causa di un attacco cardiaco improvviso.





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