Nei giorni scorsi ho letto alcuni articoli (Qui e Qui) grazie a Gianluca Atzori dell'Iriense Voghera che mi hanno fatto tornare la voglia di parlarne sul blog, sempre con il pensiero: e se succedesse da noi? Avremmo delle sorprese? E' un tarlo che ad ogni notizia di cronaca in cui arresti, denunce o deferimenti al Coni, vengono a galla il pensiero torna prepotente.
Questa volta però lascio l'analisi della questione a Matteo Sebastiano Piombo che ringrazio per aver aderito alla mia richiesta:
Master e doping
Quando si parla di doping si pensa agli atleti
professionisti, a coloro che fanno dello sport una attività professionale e che
guadagnano cifre cospicue. L’avidità fa dimenticare a costoro le regole
sportive. Ma appare quanto mai strano parlare di doping legato all’attività
amatoriale dei master, persone che corrono per passione, e che non dovrebbero
avere la spinta verso il risultato ad ogni costo. Purtroppo però il doping è
diffuso anche nel mondo dell’attività master, forse più di quanto non si creda.
E la colpa non è della facilità con cui ci si possono procurare medicinali
proibiti o della connivenza di medici, palestra, società sportive e allenatori.
La colpa è della mentalità e del bisogno di prevalere, della mancanza di una
visione coerente dello sport. Nei paesi del Nord Europa o del mondo
anglosassone da parecchi anni lo spirito dello sport come un attività da fare
per tutta la vita esiste. Da noi è più recente, tanto che 40 anni fa erano
molto pochi gli ultra quarantenni che facevano seriamente sport. Si è
rapidamente passati a un attività diffusa e molto più massiccia. Questo però
dimenticando gli scopi che l’attività in età avanzata dovrebbe avere. I master
corrono e gareggiano come i senior, hanno i loro campionati con tanto di maglia
tricolore e le loro liste. Ovvio questa parificazione porti alcuni a credere
che ogni mezzo è buono per prevalere, per vedere comparire il proprio nome sul
giornale come protagonista. In uno sport individuale come il nostro la
decadenza fisica è evidente. Se avete corso a 18-20 anni e avete continuato da
allora sarà anche a voi palese il calo delle prestazioni, costante. E il fatto
che non ci si può allenare a 40 anni come quando se ne avevano 25. Stesso
discorso c’è tra un 40enne e un 50enne o un 60enne. Bisogna adattare l’attività
alla propria età. E’ un po’ come le scarpe, devo trovare quelle della mia
misura e non adattare il piede alla scarpa che vorrei. In ciò l’accettazione di
una filosofia sportiva diversa, dell’accoglimento di risultati apparentemente
modesti ma che sono validi se rapportati all’età. Anche qui qualcuno non ci
sta, si allena con impegno e magari quotidianamente (cosa che dopo i 45 anni
forse è eccessiva e non sempre dà risultati) affrontano gare a cui non sono
preparati (come distanze molto lunghe o tracciati impegnativi) ed hanno bisogno
di aiuto farmacologico. Non esiste modo per dissuadere costoro dalla loro
ricerca del risultato, possiamo solo dire che è un errore e che il conto si
paga alla fine, come al ristorante, ma solo che qui si possono avere amare
sorprese. Se invece vogliamo vedere la pratica del nostro sport come una sfida
con noi stessi e ne accettiamo i limiti imposti dall’età può essere ugualmente
gratificante vedere che in fondo, anche se peggioriamo, riusciamo ancora a
trarre soddisfazione dai nostri risultati. Ma alla base deve essere la
mentalità dello sportivo, quello che cerca i risultati correttamente, senza
scorciatoie o passaggi facilitati. In fondo il doping non è molto distante dal
tagliare il percorso. Purtroppo temo non servirà a molto dire queste cose, la
mentalità competitiva di tutta la società è talmente estesa che inquina anche
lo sport. Ognuno desidera in cuor suo l’approvazione sociale e poter dire “ho
vinto, sono arrivato prima” vale più della medaglia, del premio in natura o
della coppa. Ma se a vincere non sei stato da solo ed hai sfruttato un aiuto
non lecito dentro sai bene che non sono le tue gambe ad aver tagliato il
traguardo davanti a tutti.
Questo argomento purtroppo è sempre attuale. Come illustrato perfettamente da Matteo con un'analisi attenta, precisa e lucida, è un fatto di cultura sportiva: per questo ritengo che sia fondamentale l'educazione allo sport ed ai suoi valori di bambini e giovanissimi e che sia lodevole e degno di lode chiunque si adoperi a tal fine.
RispondiEliminaE, ovviamente, grazie a te, Fausto, per aprire la finestra su un tema tanto importante!
Condivido pienamente, e te lo dice uno (ma forse lo avrai notato visto che qualche gara l'abbiamo fatta insieme) che al risultato ci tiene parecchio, tenendo sempre presente però che il "tutti i costi" per noi significa l'impegno e la forza di volontà. Non ho mai provato invidia per chi mi arriva davanti, ma solo ammirazione verso qualcuno che è più forte, e non mi spinge certo a barare o cercare scorciatoie.
RispondiEliminamentire a se stessi è la piu grossa sconfitta che un atleta e un uomo può infliggersi...
RispondiEliminameglio dietro ma pulito che primo e zozzo...!
condivido pienamente..!