Non mi convince.
Siamo 300 tra uomini e donne pronti, con le valigie in mano, a cambiare le
nostre vite lavorative e per molti anche esistenziali visti gli spostamenti di
provincia o di regione che dovremo affrontare e all’ultimo giorno all’ultima
ora: La Multiculturalità!!
Non mi convince.
Due sale per contenere gli spettatori, noi corsisti, una “live” e una in video
conferenza, la mia prevista è la seconda. Ho con me un quotidiano e la
compagnia del mio nuovo Amico Roberto. Dallo schermo appare il Direttore della
Scuola e un ragazzo, anzi il Dott. Trevisi, Vice Questore Aggiunto della
Polizia di Stato, il relatore che presenta il suo libro “Fogli di Via”. A
maggior ragione non mi convince.
Inizia a parlare
il Dott. Trevisi, lo ascolto con sufficienza, quasi distratto. Il tono e il
modo di esprimersi però accendono in me una lampadina, ma non mi fido, la spengo
subito, ma lascio un led acceso. Prosegue scherzando sul modo di comunicare di
noi poliziotti, mutuando dai verbali alcuni termini che ahinoi usiamo nella
vita comune, il famigerato “poliziese”:
“..Sempre meglio ora, comunque, rispetto ai primi
anni in Questura, quando informavo per opportuna conoscenza la mia ragazza che
l’amavo con entusiasmo, senso del dovere e soprattutto spirito di sacrificio,
quando dicevo ai miei amici che sarei potuto uscire compatibilmente con le mie
esigenze e quando avvertivo qualcuno a cui davo un appuntamento, che gli avrei
citofonato a scopo intimidatorio; ho passato anni interi a riferire ogni cosa..
con osservanza”.
Vacillo.
Devo cambiare
sala, a dispetto delle regole, devo avere un contatto visivo, reale con
quest’Uomo, ora non si tratta più che sia l’ultimo giorno all’ultima ora, ma
cosa voglia raccontare. E’ un escalation emotiva, mi pare che la sala sia
anestetizzata, non in grado di reagire al punto di vista diverso che ci viene
proposto.
Immigrazione, solidarietà e fratellanza, in spirito laico, il
racconto metafisico de:” L’Africa in un cassonetto”, il primo capitolo del
libro, è un mio personale tripudio interiore,
sono emozionato, cerco di appuntarmi i primi pensieri che si formano,
vorrei alzarmi e iniziare da: All’ultimo giorno all’ultima ora di questo pezzo,
ma mi vergogno e rimango seduto, estasiato. Finisce tutto troppo in fretta,
come vuole l’adagio popolare delle cose belle; mi giro verso il mio Amico, non
serve parlare, abbiamo gli occhi e l’animo sazi.
Gianpaolo
Trevisi il suo soffio di vento, accennato nella conferenza, si è trasformato in
bufera! Mi ha convinto.. All’ultimo giorno all’ultima ora.
Ecco questo avrei voluto dire quel giorno, il 14 ottobre di tre anni fa, non l'ho fatto e lo faccio ora dal mio "Cortile". Mi immagino all' Speakers' Corner di Hyde Park, in piedi, su uno sgabello, come Nanni Moretti in "Aprile", a leggere quello che ho appena scritto; finito, metto il foglio malamente ripiegato in tasca e mi allontano. Così, in punta di piedi, come sono arrivato.
E in questi tre anni pensi che "il soffio di vento", anzi "la bufera" non ti abbia cambiato? Allo speakers' corner che si trova nella tua "london city" interiore forse ci sei stato, ma l'inconscio è lontano e la voce non è arrivata subito... Anche questa è multiculturalità.
RispondiEliminaComunque bravo! P.S.: I poliziotti che conosco sono tutti molto in gamba. Sarà un caso?
Ogni emozione, ogni avvenimento ci cambia, a maggior ragione un'esperienza come questa!
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