L'atleta racconta che il 24 febbraio il suo risveglio è stato con il rumore dei bombardamenti sulla sua città Dnipro, il pensiero prioritario è diventato quello di mettersi al sicuro. Quella che fino al giorno prima era la sua normale routine fatta di allenamenti di atletica sembrava lontana, Yaroslava ha trovato rifugio in un paesino vicino, dove le giornate passavano stando nascosti in cantina.
La Mahuchick è rimasta in contatto con il suo manager, il suo allenatore e la Federazione e il pensiero di partecipare comunque ai Mondiali e andare a Belgrado ha iniziato a farsi strada. "È difficile immaginare come siano riusciti a organizzarlo, ma in collaborazione con la World Athletics, le federazioni di atletica leggera rumena e serba, sono riusciti a organizzare il mio viaggio a Belgrado, un viaggio di quasi 2000 chilometri." afferma l'atleta e continua "Ci sono voluti più di tre giorni per arrivare qui, un viaggio nervoso. Centinaia di telefonate, tanti cambi di direzione, esplosioni, incendi e sirene di raid aerei"
Yaroslava ora è a Belgrado, i suoi pensieri sono con la sua gente in Ucraina, ma lei è ai Mondiali anche per loro a competere per la medaglia d'oro: "Tutti i miei pensieri sono in Ucraina e con tutti gli ucraini che ora difendono la mia patria, ma devo fare le cose che conosco. Devo esibirmi per rappresentare l'Ucraina nell'arena sportiva internazionale nel miglior modo possibile."
Storie simili le hanno vissute anche Iryna Herashchenko e Maryna Bekh-Romanchuk, per arrivare in Serbia hanno viaggiato per 20 ore, tra paura e stress. Affrontando lunghe code ai posti di blocco, senza avere la certezza di poter continuare. Iyna è arrivata anche senza abbigliamento tecnico, solo con i vestiti che aveva indosso e un paio di scarpe che i genitori sono riusciti a farle arrivare tramite degli amici.
Sono solo sei gli atleti che sono riusciti ad arrivare a Belgrado, ma essere lì anche in una situazione così difficile, può essere un segnale.
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