martedì 11 gennaio 2022

Come evitare la dispersione dei giovani atleti nello sport? I consigli della Psicologa Valentina Bassi

Primo appuntamento del 2022 con la rubrica di psicologia sportiva. 
Apriamo con un articolo molto interessante e di grande attualità, dopo le Olimpiadi abbiamo parlato più volte dell' "effetto Jacobs" per spiegare le tante iscrizioni di bambini dai 5 ai 10 anni alle piste di atletica. Li abbiamo visti numerosi e vivaci in qualche gara di cross con sempre lo stesso pensiero "ora bisogna cercare di non farli andare via". Chi frequenta una pista di atletica avrà notato come il gruppo atleti si sfoltisca passando dalla categoria Esordienti a quella Allievi per esempio.  Proprio su questo argomento ruota l'articola della Dottoressa Bassi. E' possibile evitare l'abbandono sportivo?

In Italia la categoria che fa più sport sono i bambini. Fino ai 14 anni sono il 64,5% dei maschi e il 56,8% delle femmine a fare sport. Nei successivi 5 anni le percentuali crollano a 50,7% per i maschi e 37,2% per le femmine, in seguito le percentuali continuano a scendere.

L’OMS raccomanda l’importanza dell’attività fisica per i bambini, differenziando tempi e modalità in base all’età:

 Meno di un anno 30 minuti di attività fisica

 Bambini di 1-2 anni 180 minuti di attività fisica al giorno

 Bambini di 3-4 anni 180 minuti di attività con almeno 60 di attività moderata – intensa.


Purtroppo però non è sempre possibile rispettare queste necessità perché nelle scuole primarie l’attività
motoria non è obbligatoria ed è spesso considerata non importante dagli insegnanti che preferiscono dedicare queste ore ad altre materie.
Lo sport è importante non solo per il fisico, ma anche per la mente, infatti l’autostima dei bambini aumenta quando vedono i loro miglioramenti. Inoltre lo sport può insegnare ai bambini abilità che poi sono utili a scuola e sul lavoro, come diagnosticare (cioè leggere la situazione), relazionarsi e affrontare le situazioni.
Molti bambini però svolgono l’attività a livello agonistico, infatti la maggior parte degli atleti agonistici in Italia sono bambini. Per questo spesso lo sport provoca stress e non diverte, ai bambini si chiede di vincere presto trascurando gli aspetti formativi ed educativi, inoltre i genitori hanno spesso aspettative troppo alte per le capacità del bambino. A causa di questo molti ragazzi lasciano lo sport, ma anche per le difficoltà a conciliare scuola e sport. La scuola dovrebbe agevolarli con un Piano Formativo Personalizzato, spesso invece gli studenti atleti sono penalizzati. È importante però che i bambini continuino ad andare a scuola e non la sacrifichino in funzione dello sport, anche in vista delle future possibilità lavorative dopo la conclusione della carriera sportiva.
Come contribuire allora a diffondere una buona cultura sportiva? Sono fondamentali gli adulti di
riferimento per insegnare un atteggiamento sportivo salutare, il rispetto per gli avversari e riconoscere che si può anche non vincere. Poiché i genitori sono la prima agenzia educativa è importante che lo psicologo lavori con loro e non solo con i bambini.

L’allenamento ottimale che motiva i bambini deve contenere 10 pilastri: clima sereno, senza giudizio; molta attività motoria; l’allenamento passa attraverso il gioco; educare attraverso il movimento; appassionare allo sport; orientarsi al compito; includere variabilità della pratica; giocatore protagonista; organizzare l’allenamento. Inoltre ai bambini bisogna insegnare non dicendogli che sbagliano, ma piuttosto elogiando i compagni che stanno facendo bene.

Lo psicologo può aiutare anche nel compito di sviluppare negli atleti dei sani valori come:

- Competizione; massimo sforzo per il massimo risultato

- Etica; accettare gli aspetti positivi e negativi.


Inoltre bisogna lavorare sul fatto che nell’agonismo non basta partecipare, l’obiettivo è vincere, ma vince uno solo, quindi bisogna essere preparati alla frustrazione. Dopo le sconfitte bisogna mettersi in
discussione e allenarsi di più. Non bisogna cercare sempre degli alibi, ma chiedersi dove è stato l’errore e dove migliorare. La vittoria non è per tutti, ma il successo (cioè migliorare se stessi e le proprie prestazione) è per tutti.

Un aspetto importante per favorire nei bambini la passione per lo sport è che non si devono saltare le
tappe:

- Prima si deve imparare a giocare, all’inizio da soli e solo dopo in gruppo, il gioco deve essere fine a se stesso, senza fare gare. Sono i bambini stessi poi a chiedere di inserire i punteggi, ecc.;
- Poi si impara a fare sport;
- Poi chi lo desidera e lo sceglie liberamente può gareggiare, questo non dovrebbe accadere prima dei 14 anni. Per arrivare a scegliere di gareggiare bisogna per prima cosa appassionare (con giochi), poi insegnare e allenare (con gesti ripetitivi), poi si cerca la massima prestazione individuale e solo dopo si pensa a vincere, per arrivare a questo ci vogliono 10 anni di allenamento.


All’inizio bisogna fare giochi in cui vincono tutti, poi in cui vincono in molti (ad es. vincono tutti quelli che hanno fatto più di tot punti), poi si fanno vincere pochi e solo alla fine si fa vincere uno solo. L’importante è vincere per competenza e non per bravura assoluta.

Per portare i bambini ad appassionarsi allo sport è quindi importante non saltare le tappe e non pressarli
per vincere, ma piuttosto sostenerli a livello pratico ed emotivo per affrontare le difficoltà che possono incontrare, e aiutarli ad apprendete le competenze ed i valori che sono utili non sono nello sport, ma in
tutti gli ambiti della loro vita.



Dr.ssa Valentina Bassi – Verona (VR) – psicologidellosport@gmail.com

Psicologa e Psicologa dello sport

Specializzanda in psicoterapia

Operatrice di training autogeno

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