lunedì 25 febbraio 2019

Io c'ero al funerale di Danny, io c'ero per lasciarmi un messaggio

Due ore di permesso al lavoro le dovevo prendere. Non potevo non esserci all'ultimo saluto a Danny, così devono aver pensato molti altri podisti, perlopiù valenzani che hanno presenziato questa mattina nella chiesa di Sant'Antonio.

Ho visto le lacrime di Caterina, ho visto stropicciarsi gli occhi Paolo. Ho visto visi contriti dal dispiacere, dalla profonda tristezza come quelli di Damiano, Alex e Alessandro. Ho sentito la voce rotta dall'emozione di Luisa, di Enrico e del rappresentante di Vivere Insieme durante la cerimonia nel ricordare al microfono Daniele.

Ho rivisto podisti che non vedevo da tempo come Fabrizio, desaparecidos alle podistiche ma presente questa mattina per salutare un amico.

Io c'ero che non è un moto d'orgoglio, ma un messaggio che mi lascio per il futuro. Io c'ero al funerale di Danny e mi ricorderò di tutti i volti incontrati con cui ci siamo scambiati un cenno che non era un saluto, ma più un "ci sono anch'io per Danny".

Mi ricorderò la maglia rossa de I Gelsi appoggiata sulla bara, la sua creatura che lo renderà sempre presente nei nostri pensieri aldilà della conoscenza personale che ognuno di noi aveva.

Dedico qui un abbraccio virtuale a Marianna. Questa mattina non mi sono avvicinato per lasciarle il suo spazio di dolore. Tutti l'avremmo abbracciata.

La mia religiosità è ferma a qualche decennio fa con le imposizioni dei precetti da ragazzino e ai primi sacramenti, ma la preghiera del podista letta oggi da Luisa Doro (non è proprio questa la formula proposta stamani) la condivido con voi:

La preghiera del podista

Signore,fa’ che nella magica quiete della corsa solitaria,

come nella severa asprezza della competizione,

io possa temprare, oltre ai muscoli, il mio spirito,

fino a renderlo limpido come acqua di roccia,

generoso come il sole che ci scalda.

Fa’ che dall’assidua pratica sportiva,

io tragga tanta forza da superare

le più difficili prove della vita,

senza mai conoscere sgomento,

né sconforto, né disperazione.

Su cento gare una sola vittoria concedimi,

quella su me stesso,

sulle mie debolezze,

sulle mie insufficienze.

Donami pure sobrio fardello

come s’addice a chi corre,

ma concedimi di vivere oggi

l’infinita bellezza di quanto ci circonda.

Consenti infine, che al termine

di questa inebriante corsa che ha nome Vita,

possa io, serenamente,

cedere il testimone ad altri più giovani,

lieti di proseguire l’interrotto mio canto della Tua Gloria.

E così sia.

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