mercoledì 21 marzo 2018

Gli shock della corsa. MassaFisio su Bio Correndo

Nuovo capitolo della sfera MassaFisio (Alessandria via Tortona 32) di Fulvio Massa.
L'esperienza del fisioterapista runner a disposizione del Podisti! Si parla di traumi e tutti noi ne sappiamo ahinoi qualcosa!


Le info: www.massafisio.it



La pagina FB: Il Centro della Corsa 


Qui l'intro per il lancio dei prossimi argomenti


 CAP 3.1 GLI SHOCK DELLA CORSA
        
L'attenzione che poniamo alla qualità del gesto motorio della corsa non è legato alla volontà di creare un popolo di esteti che si muove, non è l'apparenza che deve interessare il podista, ma la sostanza. Spesso si reputa la corsa come una attività motoria innata di cui l'essere umano è padrone, ma siamo sicuri di saper correre nel modo corretto? Oppure, siamo sicuri di saper gestire attentamente i nostri allenamenti? 

La corsa di durata, nella sua semplicità esecutiva, è potenzialmente molto traumatica e può generare una lunga serie di infortuni dovuti alla ripetitività del gesto. Dal punto di vista tecnico, la corsa rientra nell'ambito di quelle discipline sportive definite “cicliche” ovvero dove il gesto è ripetitivo e sempre uguale; fa eccezione la corsa in natura, il Trail Running, dove la irregolarità del fondo crea una notevole varietà del gesto. E' evidente che un difetto nello svolgimento della meccanica della corsa, seppur piccolo, se ripetuto numerose volte consecutive è in grado di generare una patologia microtraumatica ai tendini, ai muscoli o alle articolazioni.

Il Centro Nazionale della Sanità di Atlanta, in Georgia ha rilevato che più di un terzo degli appassionati di jogging e maratone, che corrono almeno 10km alla settimana, sarà ogni anno vittima di un qualche infortunio che li obbligherà a curarsi, fermarsi e a ridurre i chilometri percorsi; questi dati si fondano su un’inchiesta che ha preso in esame coloro che corrono dai 48 ai 62 km, in media, alla settimana. Ne è emerso che gli uomini hanno il 40% di possibilità di incorrere in un incidente, mentre per le donne si arriva addirittura al 60%. I danni più frequenti colpiscono il ginocchio e a seguire i piedi, la tibia, il tallone e la schiena.

Nella esecuzione della camminata, l’appoggio del tallone determina un impatto che va dall’80 al 100% del peso corporeo, mentre per una persona che fa jogging, il contro-shock plantare corrisponde a una forza che va da 3 a 5 volte il peso del corpo, a seconda del profilo, della natura del terreno (asfalto, terra, etc..), della velocità della corsa e del peso del corridore.

L’impatto dei piedi sul suolo, assorbito solo in parte dalle scarpe (a seconda della qualità), è scaricato direttamente sulle gambe e sulla schiena. Inoltre, la minima anomalia meccanica antropometrica (piede piatto, piede rigido, ginocchio varo o valgo, gamba più corta) che durante la marcia sarà quasi impercettibile, può potenzialmente trasformarsi durante la corsa in una lesione microtraumatica.

Per ogni maratona, a seconda dell’ampiezza della falcata (da meno di un metro per i podisti più lenti a circa due metri per i migliori maratoneti), ciascun piede entra in contatto con il suolo più o meno dalle 26.500 alle 10.500 volte e, considerando che gli atleti di élite sono una minoranza rispetto alla massa, possiamo considerare una media di 20.000 contatti al suolo.
Se la massa corporea si attesta sui 75kg, il carico globale sopportato da un singolo piede si avvicinerà, per un corridore medio, a 4500 tonnellate (75kg x 3 volte il peso del corpo x 20.000 collisioni plantari). Al contrario, se il peso corporeo non passa i 65kg, come avviene per la maggior parte dei corridori di alto rango, la somma dell’impatto generato non sarà superiore alle 3900 tonnellate (65 x 3 x 20.00 shock). Seguendo questi calcoli, possiamo stimare che 1 Kg di differenza nel peso dell'atleta, possa incidere, nel corso di una maratona, di circa 60 tonnellate.

Correre su un suolo duro come l’asfalto o la roccia è una situazione faticosa e traumatica non solo per i piedi, ma per il corpo nel suo complesso. Le accelerazioni e le decelerazioni che si succedono lungo il tracciato di gara si trasmettono lungo la colonna vertebrale e provocano delle reazioni anche nelle sommità del corpo. Inoltre, ad ogni interazione piede-scarpa-suolo, l’onda di ritorno, che costituisce la vera energia vibrante negativa, si propaga durante la corsa ad una velocità di 120 km/h nelle ossa delle gambe e della colonna vertebrale. Ritroviamo 1/10 di questa energia iniziale al livello del ginocchio, 1/20 all’altezza del bacino, 1/30 all'altezza del rachide cervicale.

Sono state effettuate diverse ricerche per studiare le forze di reazione provocate dalla corsa e sono state effettuate misurazioni con l’aiuto di rilevatori di forza miniaturizzati, incollati su diverse parti della faccia plantare del piede così come su diverse pari del corpo.

Il tipo di contatto del piede con il suolo varia a seconda della velocità di spostamento. In generale, più si corre lentamente, più si attacca il tallone: uno studio fatto su circa 3000 corridori dal laboratorio di ricerca della Nike ha messo in evidenza che il 75% dei corridori di endurance tocca il suolo con il tallone e il 23% con la pianta del piede o l’avanpiede (il 2% è indeterminato). 

Un’equipe medica belga di specialisti in bio-meccanica ha ottenuto risultati simili: il 63% dei soggetti testati ha un contatto con il suolo attraverso il tallone, mentre solo il 37% ha l’attacco con la pianta del piede. La durata d’appoggio del piede al suolo era significativamente più lunga per il gruppo che attaccava con il tallone (30/100 di secondo) rispetto a quello che attaccava con l'avampiede (27/100 di secondo).

La pianta del piede deve adattarsi a diverse tipologie di terreno, specialmente nel trail running, ma dobbiamo considerare che il tallone non è un buon ammortizzatore a differenza dell'avampiede che, grazie ad un sistema complesso di ossa, legamenti e muscoli, assorbe naturalmente la maggior parte degli shock.

Gli atleti che appoggiano col tallone presentano l’inconveniente di un contatto tallone-suolo così breve che l’onda vibrante di ritorno riesce a propagarsi attraverso il corpo prima ancora che possa essere tamponata dai sistemi ammortizzanti costituiti da  legamenti e muscoli.


Le info: www.massafisio.it


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