giovedì 15 febbraio 2018

MassaFisio e le pillole di Fulvio Massa sul mondo del Podismo!

L'appuntamento con MassaFisio, lo studio Fisioterapico di Alessandria su Bio Correndo! Tante pillole direttamente da il Centro della Corsa per delle riflessioni sul nostro mondo.

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Di Fulvio Massa:

I benefici primordiali della corsa

Sono rimasto affascinato dalle parole del biologo Bernd Heirich e dalle sue teorie relative all'essenza della corsa, in relazione alla natura primordiale dell'uomo; secondo Heinrich, la corsa ed in particolare la corsa in natura, avvicina l'uomo al comportamento animale, permettendogli di vivere in prima persona esperienze essenziali come la fame, la sete, il caldo, il freddo, la paura.

Stiamo parlando di situazioni, sentimenti ed emozioni represse dall'agio e dalle comodità in cui ci sprofondiamo, la cui conoscenza non si impara attraverso i libri ma deve essere vissuta in prima persona.  Purtroppo la maggior parte degli esseri umani neppure si rende conto di queste situazioni, tanto è immersa in un ruolo di circostanza, protagonista del nulla, spettatore di un mondo virtuale costituito dalle immagini e dai suoni provenienti dalle televisioni, dai pc, dai video games, dai social network.

Utilizzo spesso la metafora del “Libretto delle Istruzioni per l'Uso”. La maggior parte delle persone non legge questi libretti, oppure li butta, ne dimentica i contenuti, molte persone non ricordano dove hanno messo il proprio “libretto di istruzioni per l'uso”. Viviamo in una società talmente oscurata mentalmente da ritenere logiche e normali, situazioni in cui l'individuo si sveglia al mattino, mangia, si fa portare da un mezzo di trasporto in ufficio, siede alla scrivania, mangia, si risiede alla scrivania, si fa riportare a casa da un altro mezzo, rimangia e aspetta la fine della giornata davanti alla televisione. 

Senza polemizzare su queste situazioni, mi voglio soffermare sul fatto che il corpo umano è una complessa struttura biochimica basata sulla dinamica. Il movimento è alla base delle principali funzioni espletate dal corpo umano. Le rigidità articolari dell'apparato scheletrico, le ipotonie muscolari, le pigrizie intestinali, le insufficienze venose, le stasi linfatiche, il sovrappeso, gli accumuli di grasso nel sangue, le malattie cardiovascolari, il diabete.... sono solo alcuni esempi di patologie estremamente comuni, che flagellano la nostra società. E' proprio così, il corpo umano è una complessa struttura biochimica, basata sulla dinamica e "la corsa" è dinamica.

Una dinamica globale, psicofisica, dove il corpo trae vantaggi dalla attività fisica e contemporaneamente riscopre i propri bisogni primordiali attraverso il filtro delle emozioni che solo l'immersione nella natura può offrire.

Il libro:


La natura. Si, la Natura è in grado di amplificare le sensazioni e le emozioni della corsa e per questo motivo voglio fare un piccolo passo indietro, tornando a qualche decina di anni fa.
Nel momento in cui la corsa è "rinata", ha trovato il proprio sviluppo sulla superficie che in quel momento storico circondava gli esseri umani che  avvertivano il bisogno di praticarla, vale a dire l'asfalto. Consideriamo che la maggior parte degli atleti adulti che oggi praticano il podismo tradizionale, sono nati sportivamente proprio nel periodo in cui la corsa era prevalentemente rappresentata dall'asfalto e dalla pista, con qualche divagazione per le gare di cross e le campestri.

Come ho ricordato prima,  ogni disciplina sportiva è figlia della propria epoca e in questo momento storico, una nuova visione di corsa si sta affermando e sviluppando, proprio in un periodo in cui la popolazione è molto più sensibile, rispetto ad alcune decine di anni fa, nei confronti della natura, dell'inquinamento del territorio, della valorizzazione dei territori naturali e dello sport condotto all'aria aperta, a contatto stretto con l'ambiente. 

La corsa in natura si sta affiancando alla corsa tradizionale su strada e sta offrendo allo sportivo una dimensione di dinamismo a 360°, dove la direzione diventa la scoperta di se stesso, attraverso la natura. Ed ecco i numeri in crescita, ed ecco il proliferare di gare e di atleti e assieme ad essi, ecco crescere l'interesse dei media nei confronti delle manifestazioni,  e delle aziende nei confronti di un mercato fino a pochi anni fa quasi inesistente. E da queste considerazioni ribadisco ancora come la nostra intelligenza e la nostra cultura debbano appoggiarsi su delle visioni globali del mondo sportivo, considerando che la sua evoluzione è dinamica e si muove parallelamente a quella della società in cui viviamo e per questo motivo sostengo fermamente che non esiste la corsa di serie A e la corsa di serie B. 

Codificare il prestigio delle gare di corsa attraverso la sua identificazione in distanze e tipo di superficie d'appoggio è estremamente riduttivo e costituisce una visione limitata dello sviluppo storico che ha avuto la corsa in rapporto alla evoluzione dell'essere umano. Addirittura, da un punto di vista squisitamente biomeccanico e fisiologico la corsa in natura è decisamente più completa rispetto alla corsa su strada in quanto coinvolge tutta una serie di muscoli stabilizzatori del tronco, richiede l'agilità per superare i piccoli ostacoli, sviluppa maggiormente la forza necessaria a superare i dislivelli, attiva continuamente l'elaborazione di un progetto mentale che sviluppa un gesto motorio sempre diverso. Quindi lode ai grandi atleti dell'atletica leggera, ai maratoneti, capaci di esprimere gesti sportivi di elevato prestigio, ma lode agli atleti che corrono fuori dall'asfalto e si misurano con le variabili dell'ambiente.

Anche le distanze nel secolo scorso si sono standardizzate nelle misure comprese tra il mezzo fondo e la maratona e per molti anni la 42 km è stata identificata come la gara limite. Per quanto la maggior parte dei podisti oggi praticanti, sia nata e vissuta accanto a questi assiomi, non è corretto lasciarsi coinvolgere da una mentalità effettivamente superata e si sta facendo sempre più strada nel mondo della corsa e del trail running in particolare, la consapevolezza che la distanza di 42 km non costituisca una barriera invalicabile, anzi, sono in netto incremento le ultra maratone oppure le distanze intermedie che non costituiscono le distanze olimpiche, ma sono in grado di dare emozioni nuove agli atleti.

Nonostante io sia favorevole a questa tendenza, trovo comunque doveroso fare alcune considerazioni.
Stiamo vivendo un periodo storico in cui si ambisce alla ricerca del limite, stiamo facendo passare per “normale”, o quantomeno “consueto” un allenamento domenicale in montagna di una quarantina di km, vogliamo convincere noi stessi che una ultra maratona di 100km sia alla portata di qualsiasi atleta sano o che non esistano limiti se non mentali.  Per carità, è ormai noto che il genere umano si sia distinto nel corso della sua evoluzione per la capacità di essere molto resistente nell'affrontare dei lunghi spostamenti; l'uomo, fin dagli albori, grazie alle sue doti di marciatore/corridore, è stato in grado di sopravvivere cacciando le prede e scappando dai predatori, l'essere umano è geneticamente predisposto alle corse di lunga durata, specialmente in ambiente naturale. 

E' noto e risaputo che i grossi limiti alle nostre prestazioni siano di tipo mentale più che fisico e di conseguenza la volontà, la caparbietà e la tenacia possano condurre gli atleti a superare i propri limiti e raggiungere degli obiettivi sportivi di alto livello. Ma attenzione, il fatto che milioni di anni fa l'essere umano presentasse notevoli doti di endurance, non ci dà per scontato che lo sia ancor oggi, in seguito all'indebolimento della specie dovuto all'evoluzione; nel corso degli ultimi secoli la maggioranza della specie umana ha subito una progressiva regressione della propria fisicità che ha raggiunto l'apice nel periodo che va dal dopoguerra ad oggi, a causa delle facilitazioni indotte dalla tecnologia e delle comodità sociali ad essa connesse, dai disordini alimentari, dalla perdita del "Libretto di Istruzioni per l'Uso". 

La maggior parte degli adulti che partecipa alle gare podismo o di trail running ha trascorso un'infanzia con le scarpette dotate  di plantarini per il piede piatto, inopportunamente inseriti nelle solette, mangiando omogeneizzati la cui filiera produttiva era assolutamente sconosciuta e prendendo gli antibiotici dopo il secondo giorno di febbre; siamo sicuri che la strada della corsa, in particolare della corsa estrema sia aperta a tutti? Qual'è la durata ragionevole per l'adattamento biologico di un atleta ad una maratona o ad una gara di corsa in montagna di 40 ore? E qual'è il prezzo che l'organismo deve tributare a questa pratica? Dal punto di vista medico e fisiologico le conseguenze a medio e lungo termine delle gare di ultra distanza non sono ancora ben note anche se ultimamente la scienza sta affrontando questo argomento attraverso gruppi di ricerca di grande affidabilità. Se da un lato è corretto ragionare sulla fattibilità di una gara estrema, è doveroso interrogarsi sui criteri che ci portano a definire la “normalità” di una competizione e ad interrogarci su che cosa sia estremo.

Un atleta ben allenato a disputare maratone può considerare estrema una maratona in montagna, così come un trailer abituato alla corsa su sentiero può traumatizzarsi nel percorrere una distanza simile su asfalto. Un atleta ben allenato su distanze intorno ai 10km può trovare estrema una maratona. Un podista ben coordinato e con una corsa dinamicamente corretta che volesse aumentare i chilometraggi o migliorare le prestazioni, avrà di fronte a se solo i limiti dovuti agli allenamenti, ma nel momento in cui ci troviamo di fronte un atleta con qualche imperfezione biomeccanica, un aumento dei volumi o delle intensità potrebbe rivelarsi fonte di infortunio.

Il ruolo della informazione tecnica in questo ambito riveste un'importanza enorme perché la velocità con cui si sta sviluppando la pratica della corsa è dilagante e dobbiamo sempre ricordare che la corsa accanto agli innumerevoli benefici psicofisici che comporta, nasconde anche un alto potenziale di rischio per infortuni di natura microtraumatica, ma di questo tratteremo in un prossimo capitolo.



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