Leggo sempre con piacere le analisi di Matteo Piombo e mi è
sembrata ricca di spunti quella sui mondiali di Pechino, la disfatta, come
giustamente è stato intitolato il post.
La scarsità di medaglie era da preventivare, visto lo
strapotere di nazioni che si stanno affacciando sul panorama mondiale atletico,
sicuramente in Europa ce la caviamo meglio; ma ciò che lascia perplessi è
l’atteggiamento della quasi totalità degli atleti italiani; citando
letteralmente Matteo, eliminazioni a
raffica e nessuno che ci abbia messo un po’ di impegno.
Questo, al di là delle medaglie non arrivate , è il vero
punto dolente; è possibile che atleti professionisti, praticamente tutti con un allenatore personale (
regolarmente portati a spese della federazione a Pechino, 33 atleti e 30
allenatori) si presentino all’appuntamento più importante dell’anno, dove
oltretutto non rappresentano se stessi ma un’intera nazione, svogliati e senza
“rabbia agonistica”?
Va premesso che l’atletica nazionale ha anche luci e non
solo ombre, le nazionali giovanili
seguite da Baldini sono una realtà che si sta imponendo sulla scena
internazionale.
Le analisi sul mondo dell’atletica italiana parlano di
quello che è sotto gli occhi di tutti noi, cioè di un “mondo” in continua
crescita, nel podismo classico ma non solo ( pensiamo all’atletica master dove
alle competizioni internazionali gli italiani fanno incetta di medaglie in
tutte le specialità ed in tutte le categorie), ma che nelle “punte di diamante”
si presenta un po’ arrugginito e, appunto svogliato.
Tra le soluzioni proposte c’è stata quella di ingaggiare
allenatori stranieri…. Beh, di allenatori , e in gamba, in Italia ne abbiamo,
basti pensare che alcuni dei nostri tecnici sono stati ingaggiati da
federazioni straniere.
Detto questo mi
chiedo qual è e se c’è il raccordo tra chi è protagonista in Italia
della crescita del mondo dell’atletica, cioè dirigenti di squadre, organizzatori di eventi ( grandi
gare, maratone, meeting etc….) e animatori a diverso titolo del mondo
dell’atletica; questa gente ha dimostrato
negli anni di sapere “fare atletica” con spiccate doti organizzative,
motivazionali e tecniche, sa cosa vuol dire mettere in condizione chi fa sport
di dare il massimo e non presentarsi agli appuntamenti di punta svogliato e
senza impegno.
Forse mi sbaglio, sono stato fuori dal giro qualche anno ed
è da un anno che ho ripreso con una certa regolarità a frequentare l’ambiente,
ma ho l’impressione che il rapporto tra vertici federali e dirigenti di società
ed organizzatori di gare sia poco più che funzionale ,
una collaborazione nella compilazione dei calendari e nell’assegnazione dei
titoli provinciali, regionali etc…. ad una gara piuttosto che all’altra .
In una parola sono interlocutori della federazione, non
attori (questo a livello nazionale, dal momento che a livello locale l’”osmosi”
viste le ridotte dimensioni è più facilitata); credo che se alle società che si
distinguono sul panorama nazionale e alle organizzazioni di grandi eventi
sportivi si chiedesse il “sacrificio” di rinunciare per qualche anno ai propri
dirigenti e responsabili e “prestarli” ai vertici federali avremmo alla guida
della nazionale nei grandi eventi internazionali, ma soprattutto nel lavoro
quotidiano durante l’anno, gente che sa bene cosa vuol dire portare gli atleti
al momento giusto a dare il massimo, proprio perché tra mille difficoltà, a
livello organizzativo e dirigenziale, sono loro i primi a dare prova di non
cercare nessuno “sconto”.
Forse le medaglie resteranno a zero, ma avremmo una
nazionale di atleti che non lasciano la pista o la pedana senza aver dato il
200%... o forse no, con un approccio mentale di questo tipo nel medagliere
torneremmo al posto che ci compete
Gigi Cabrino
Immagine di copertina tratta dal web
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