sabato 18 aprile 2015

IL GEBRE….ED IO/VENTUN'ANNI DOPO di Paolo Zucca


6 gennaio 1994: Dopo lungo lavoro ai fianchi son riuscito a trascinare almeno Giuliano (del gruppo Ata) a partecipare al famoso Campaccio. Convincere altri a uscire dai propri orticelli per me è sempre stato faticoso anche per la paura comune di far brutte figure, venire presto doppiati e tornarsene a casa abbacchiati con la coda tra le gambe.
Questa volta però è organizzato anche il cross corto (ndr  in quegli anni si era cercato di allestire con scarsa fortuna, per qualche tempo, le gare anche su una distanza ridotta per permettere la partecipazione ai mezzofondisti e senza la richiesta del minimo di gara) e poi la possibilità di vedere da vicino la gara dei campioni sulla distanza classica, allora di 12 km, era un’occasione irripetibile.
La sveglia è ad un’ora impossibile, anche per la paura di perderci nella periferia milanese e la giornata si presenta allucinante, prima per la nebbia nel tragitto e poi per la pioggia incessante e il freddo pungente all’arrivo.
Arriviamo in extremis per ritirare il pettorale e fare un minimo di riscaldamento che già si parte! Dopo il giro di lancio nel campo sportivo ci troviam subito nel Campaccio e mai peggiorativo poteva essere più appropriato: buche con acqua fin quasi al ginocchio, fango ad effetto ventosa che non lasciava togliere il piede e soprattutto quel toboga di salite e discese affrontati gomito a gomito con atleti che imprecavano per la pioggia torrenziale, il fango e gli schizzi di chi era davanti. Alla fine per fortuna terminiamo incolumi quei 3 giri nelle retrovie e stanchi, ma anche divertiti, ci portiamo all’auto per prendere le borse e cambiarci nello spogliatoio. Anche lì è però un’impresa accedervi perché vediamo una lunga coda di atleti. Desistiamo e pensiamo allora di recarci nel salone delle scuole dove avevamo prima ritirato il pettorale e almeno stare al coperto.
Con sorpresa notiamo che dietro ci sono altri spogliatoi ancora vuoti dei concorrenti della gara lunga e allora rischiamo l’entrata. Son ampi e riscaldati e finalmente possiamo cambiarci e toglierci il fango di dosso. Siamo abbastanza sconvolti ma euforici al punto giusto per commentare l’impresa quando entrano tre persone che ci guardano un po’ perplessi. Due sono tecnici, il terzo è lui Haile Gebrselassie, fresco vincitore dei 10000 ai mondiali di Stoccarda e futuro campione olimpico. Ci sorride, con quel famoso sorriso che l’ha reso celebre oltre che per le sue imprese, vedendo le nostre penose condizioni e si siede fianco a noi ascoltando i tecnici che probabilmente gli dicono di aspettare al caldo il pulmino che poi lo avrebbe portato alla partenza. Rimane solo con noi e inizia a prepararsi; siam talmente imbarazzati di avere un campione vicino che non riusciam a spiccicar parola. Io dico solo a Giuliano di precipitarsi a prendere la macchina fotografica in auto. “Ma no che poi non vuole, ma poi va via…” mi dice;  alla fine riesco a convincerlo. Rimango da solo col Gebre per 20/30 secondi: quante cose vorrei chiedergli ma lo scarso inglese e soprattutto il ricordo di incontri passati  con calciatori permalosi e altri campioni scontrosi mi blocca. Peccato: si apre la porta, sono i tecnici che avvisano che è arrivato il pulmino portandosi via il Gebre che mi mormora un “Hi” con il suo famoso sorriso. Poco dopo arriva Giuliano con la macchina fotografica, intuisce la mia delusione e decidiamo di andare a vedere la gara.Panetta dà come al solito spettacolo nei primi giri con scatti e allunghi, un giovane Baldini con Modica e Pusterla fan quello che possono nel gruppo mentre KosgeiBargentuny e Kapkori sembra passeggino svogliatamente. A due giri dalla fine il Gebre allunga e la sua corsa si trasforma quasi in levitazione, in lontananza, nel buio di quella giornata di pioggia si vede arrivare la sua piccola inconfondibile figura nera, con guanti bianchi quasi immacolati, e la sua leggerezza sul fango, mentre gli altri affondano miseramente per lo sforzo provato. Alla fine vince nettamente e possiam andare a casa soddisfatti di aver visto da vicino un tale spettacolo di stile e efficienza di corsa.
Era appena cominciato il 1994 e per il Gebre iniziava la sua sfavillante carriera fatta di tre vittorie ai mondiali, due alle olimpiadi, di memorabili duelli con Paul Tergat e di ripetuti record mondiali sulla maratona. Io invece nel mio piccolo a novembre avrei esordito a Cesano Boscone nella mia prima 42 e qualche volta indirettamente avrei ciabattato nello stesso giorno sulla strada del campione, non ultimo a Berlino nel 2011, in occasione della maratona.Peccato per quell'attimo non colto...

(RACCONTO SCRITTO NEL 2012)


VENTUN’ANNI DOPO

Prendo in parte a prestito il titolo del famoso libro di Alexandre Dumas per una piccola appendice al precedente racconto.
Sono a Milano ad accompagnare gli amici di società che partecipano alla staffetta 4x10 km e anche per tentare di assistere, almeno moralmente, gli altri colleghi che affrontano la dura maratona. A dire il vero tutti però sanno il motivo che mi ha spinto alla levataccia e anche alla fatica di stare in piedi diverse ore (con inevitabile sofferenza per il mio piede malconcio): è il tentativo di incontrare il mio mito!
So che Haile Gebrselassie è già a Milano da venerdì (per doveri di sponsor) e si è prodigato in inviti, interviste, saluti e conferenze e so pure che il Gebre avrebbe corso domenica una frazione della staffetta ma non sapevo quale, forse l’ultima per la passerella finale o la prima per le inquadrature televisive? Stavolta non me lo voglio perdere, chissà quando ritorna in Italia…
Mi trovo all’inizio di Corso Venezia e seguo i miei soci nei preparativi prima della partenza:chi mangia un piatto di riso, chi continua a messaggiare, chi si sistema il taping sulle giunture per non far cadere tutta l’impalcatura, chi non ha ancora capito a chi dare le borse, chi ha propositi bellicosi di sfida contro l’altra squadra. Son sensazioni e momenti che non provo ormai da diversi mesi (oggi son 6 mesi esatti dall’ultima gara) e devo purtroppo dire che mi sto abituando a questa situazione di quasi imbucato, anche se ora la mente rimugina su cosa devo fare per cercare il Gebre. L’attesa aumenta e siamo quasi vicino all’ora dello sparo.
Toh guarda… il luogo dove siamo accampati è il rettilineo in cui i top runners stanno facendo riscaldamento. Mi scappa un po’da ridere a vedere la loro agilità negli allunghi confrontandoli al fisico non propriamente slanciato dei miei soci che si stan svestendo e impomatando. Alla spicciolata arrivano tutti, c’è persino Meucci (ndr campione europeo maratona) in borghese e riesco ad avere una foto con lui, ma ormai manca poco e cerco di portarmi il più vicino possibile allo start per iniziare la ricerca quando girandomi, quasi per caso, ecco l’apparizione! E’ lui, il Gebre, ancora più minuto ed esile di quanto ricordassi, in tuta azzurra affiancato da una signorina dello staff e due giornalisti. Apro lo zainetto e consegno la macchina fotografica ad Alessandro e gli "intimo" di tenersi pronto e mi dirigo, forse con eccessivo slancio, verso il Gebre che un pò rimane stupito. Alla mia richiesta di “picture” acconsente subito e, mentre lo abbraccio, a stento gli biascico “Do you remember cross country campaccio nineteen ninety four, rain, mud? I runned before you..”qualcosa capisce, mi sorride ancora di più e mi mormora “ya, good!” (leggerò poi, in una intervista di qualche giorno prima alla gazzetta, che il ricordo che aveva dell’Italia era appunto il fango e l’acqua di quel campaccio).
Ho fatto da apripista, dopo di me si avvicinano altri podisti (i "runners" della domenica che non sanno nemmeno con chi stanno facendo la foto, ma se c’è tanta richiesta, quell’atleta sarà pure famoso); ora lo portano via e scortano alla partenza per la degna presentazione con Baldini, gli altri atleti e permettergli un minimo di riscaldamento prima della partenza della sua frazione.
Questa volta son stato fortunato fossi andato via prima per aspettarlo al cambio della 3^ frazione non l’avrei visto…

Guarda come è strana la vita che, a volte, regala queste strane situazioni; come in un film forse il Grande Regista ha previsto che in questo giorno particolare avvenisse quell’incontro ricercato per 21 anni. Eravamo entrambi a Berlino a correre la 42 nel 2011: lui tirava generosamente come un gregario un ragazzino a battergli il mondiale ed io festeggiavo la mia 50^ maratona:sarebbe stato bello incontrarlo allora. Oggi sono 6 mesi esatti che non corro e, invece di sottopormi presto a un nuovo intervento, mi sarebbe piaciuto correre al suo fianco, almeno i primi metri...

Qualcuno leggendo queste righe (magari non della vecchia guardia oppure freddo ed insensibile alla gioia della piccole cose) potrebbe sorridere..Non è stato l’incontro con una vecchia fiamma che ci aveva fatto battere il cuore da ragazzo o l’abbraccio con un vecchio compagno di scuola e neppure il ritrovamento di una preziosa cosa persa. Lo posso definire un trait d’union di memorie e ricordi di tante cose positive e negative della vita. Da quel lontano 1994 di acqua sotto i ponti ne è passata veramente tanta. Tralasciando la sfera personale, in quella sportiva io ho fatto qualche maratona ed ironman, il Gebre (oltre ad essere diventata la sigla di molte mie password…) ha vinto un pò di mondiali, olimpiadi e stabilito infinità di record. Ora a 42 anni continua a correre per diletto, per promuovere il suo sponsor e la sua immagine. È diventato un uomo d’affari tra i più ricchi d’Etiopia ma non si è scordato delle sue umili origini; infatti ha aperto scuole e centri di sostegno e assistenza per poveri e bisognosi ed è venerato dal suo popolo che vede in lui il prossimo presidente della repubblica.
Con il suo sorriso contagioso e i suoi modi garbati e trascinanti riuscirà sicuramente nel suo intento come lo scorso venerdì a Milano quando, dopo l’inaugurazione di un negozio sportivo, si è spinto a corricchiare nel parco con alcuni tapascioni ed è riuscito a coinvolgere ragazzini fermi sulle panchine a praticare sport... sullo smartphone.
Ecco, in questo penso ci sarebbe molto da imparare e far capire a media, giornalisti e tv sempre pronti ad osannare e incensare attori, cantanti o calciatori, famosi non per la modestia, disponibilità, il numero di record e di gare vinte ma per la loro presunzione o quantità di tatuaggi e veline al fianco in cerca di notorietà.

Quel ragazzino che si faceva di corsa 10km all’andata e altrettanti al ritorno per andare a scuola con i libri sotto il braccio (e da allora per istinto ha conservato la sua famosa postura durante le gare) di strada ne ha fatta tanta, in tutti i sensi.
Per chi non l’ha conosciuto questo è un mio piccolo tributo, per gli altri, penso, un ringraziamento per le emozioni che ci ha regalato.

Ora posso scriverlo 1994-2015: ventun’anni dopo missione compiuta!


MILANO 12 APRILE 2015

1 commento:

  1. grazie Fausto, per lo spazio.Quando ieri ho telefonato ad Haile per fargli gli auguri di buon compleanno (due giorni dopo il mio) gli ho anticipato qualcosa sul racconto.Quando ripassa tra vent'anni ha detto che viene a salutarmi... alla casa di riposo!facciamo un'altra foto... paolo

    RispondiElimina